Quest'anno la classe 2A, sotto la guida delle insegnanti Barbara Braito e Barbara Berardi, ha partecipato a un concorso volto a riflettere sul tema della disabilità mentale...ecco a voi il risultato!
Buona lettura!
Tutti
insieme, compreso me!
“DRIN!
DRIN! DRIN!”un colpo secco fece volare la sveglia dall’altra
parte della stanza.
“Che
pizza! Un altro anno di scuola media… se si potesse con un salto a
piè pari arrivare alle superiori, tutto sarebbe più elettrizzante!
Per non parlare di tutti quei mocciosi che mi girano intorno come
delle mosche fastidiose e che cinguettano tutto il tempo con quelle
vocine da bambini! Il re di tutte quelle creature insignificanti
–pensava tra sé e sé- è quell’imbranato e inutile di Samuele
che con il suo sguardo perso nel vuoto strisciava come una lumaca
lungo i corridoi della scuola trasportato dai suoi pensieri!
Autistico dicevano di lui, sì ma cosa vuol dire “autistico”? Che
cosa ci stanno a fare al mondo le persone come lui se non amano stare
con gli altri?!”
“Riccardo,
sei ancora a letto? Datti una mossa se no arriverai tardi il primo
giorno” strillò sua madre dalla cucina.
In
fretta e furia Riccardo si alzò, infilò i jeans e la maglietta che
aveva comprato per l’occasione, si precipitò giù dalle scale e,
prendendo la cartella, balzò sul suo motorino nero e lucente, regalo
che suo papà aveva voluto fargli nonostante poi non fosse nemmeno
stato ammesso agli esami di terza media.
Come
sempre, dimenticandosi delle regole del codice stradale e dei poveri
pedoni che osavano mettere i piedi sulle strisce mentre lui passava,
giunse a scuola alla velocità della luce.
Arrivato
a destinazione, già entrare nel parcheggio si rivelò un’impresa:
una marea umana di ragazzini accalcati davanti al cancello
dell’ingresso impedivano il passaggio. Cominciamo bene ! Dopo una
decina di “gentili” suonate di clacson, Riccardo riuscì a
crearsi un varco che gli permise di entrare nel cortile.
Ad
un tratto, sbucato da non si sa dove, Samuele gli tagliò la strada
costringendolo a frenare di nuovo e facendogli saltare i nervi.
“Togliti
di mezzo moscerino, tu e la tua disattenzione. Vedi di scomparire!”.
Samuele
non ebbe nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo, si ricordava bene
tutte le volte in cui Riccardo lo aveva deriso e maltrattato davanti
a tutti senza che nessuno avesse mai avuto il coraggio di difenderlo.
Sembrava che fosse nato per rendergli la vita impossibile!
Nonostante
la noia, nonostante le interrogazioni, nonostante le note, nonostante
i ”mostriciattoli”, i mesi passarono in fretta ed arrivò anche
Natale.
Suonò,
tra la felicità generale, la campanella che annunciava la fine
delle lezioni.
Riccardo,
tutto gasato ed euforico, corse fuori a prendere il suo motorino. Un
vento gelido e pungente gli trapassò il giubbotto facendolo
rabbrividire.
Nella
strada verso casa un pedone, che proprio in quel momento stava
attraversando sulle strisce, lo costrinse a frenare bruscamente. Una
lastra di ghiaccio gli fece perdere il controllo della moto e, nella
violenta caduta che seguì, la testa di Riccardo sbatté
violentemente sull’ asfalto. L’ultima cosa che sentì fu il suono
delle sirene dell’autoambulanza.
Per
dieci lunghi giorni i genitori di Riccardo aspettarono ansiosi il
risveglio del figlio dal coma. Dopo un tempo che sembrò
interminabile, finalmente il ragazzo aprì gli occhi e l’odore di
disinfettante gli fece immediatamente comprendere dove si trovava.
Un
medico anziano e dall’aspetto saggio si avvicinò al suo letto e
con grande delicatezza gli spiegò che nella caduta aveva riportato
una grave forma di emorragia celebrale. Aggiunse che, allo stato
attuale delle cose, non era ancora possibile stabilire quali
sarebbero state le conseguenze sulle facoltà di Riccardo.
Il
dottore si girò verso la madre, che era accanto al letto, e le
rivolse uno sguardo che lasciava ben poche speranze. Poi, senza
aprire bocca, uscì dalla stanza. La madre di Riccardo si sedette sul
letto, dove lui era sdraiato, e dopo qualche istante disse: ”Non
devi avere paura, vedrai che tutto si sistemerà. Adesso, però, è
ora di tornare a casa!”.
Riccardo
era rimasto immobile nel suo letto, lo sguardo perso a fissare il
nulla, completamente assente.
“Adesso
basta,” disse sua madre con le lacrime agli occhi “ so che è
difficile per te, ma piangendo non risolveremo niente, facciamoci
coraggio!”.
Riccardo
si alzò e, con l’aiuto della madre, arrivò sino alla porta, in
quel momento gli corse incontro un’infermiera e, senza dire una
parola, gli diede una sedia a rotelle e se ne andò. Riccardo la
fissò per un minuto, poi, senza reagire, vi si sedette e si fece
accompagnare dalla mamma fuori dall'ospedale. Salì in auto e in
silenzio tornarono a casa.
Il
tempo confermò i timori del medico, le capacità cognitive del
ragazzo erano molto compromesse.
Dopo
una lunga convalescenza Riccardo tornò a scuola. Al suo ingresso
scese un silenzio imbarazzato e tutti quanti lo fissarono con uno
sguardo esterrefatto e turbato . Riccardo si sentì osservato,
afflitto e amareggiato.
Quella
situazione lo fece sentire proprio uno sfigato, i suoi amici,
incontrandolo nel corridoio della scuola, non si fermavano più a
parlare con lui, ma parlavano di lui! Tutti ormai sapevano quello che
gli era capitato, ormai era di dominio pubblico che Riccardo non
fosse più lo stesso: aveva frequenti vuoti di memoria, talvolta
vagava smarrito nei corridoi della scuola, faticava a concentrarsi e
a mantenere l' attenzione per un periodo sufficientemente lungo,
nulla sembrava più in grado di interessarlo, ma soprattutto aveva
perso qualsiasi interesse per gli altri, vecchi amici compresi. La
scuola per lui era diventata una fatica sovrumana!
Passarono
alcuni mesi ed arrivarono finalmente le vacanze di Pasqua, anche se
per Riccardo non sarebbero state le migliori in assoluto!
In
quei giorni tutti i suoi amici erano passati a salutarlo senza troppa
convinzione e tutto questo non aveva fatto altro che peggiorare la
sua situazione: lui non voleva essere compatito e tutto
quell’andirivieni di persone non aveva fatto altro che abbattere
quella briciola di autostima che gli rimaneva.
I
suoi genitori non gli avevano regalato nemmeno un uovo di cioccolato,
proprio come lui aveva richiesto. Non era nell’umore adatto per
scartare proprio nulla e tanto mano di trovare sorprese, ultimamente
ne aveva già avute troppe!
Quella
sera Riccardo stava mangiando in camera sua, proprio non se la
sentiva di stare in compagnia, quando qualcuno bussò alla porta.
Pensò subito che fosse sua mamma che veniva a chiedere il vassoio
della cena, quindi disse: “Non ho finito, passa tra dieci minuti”,
ma un altro colpo alla porta gli fece intendere che a bussare non
fosse sua mamma, allora disse a bassa voce con un misti di stupore e
timore: “Avanti!”. Piano piano la porta si aprì e lasciò
entrare un ragazzino mingherlino con le gambe storte e all’apparenza
fragili. Quando Riccardo lo riconobbe lo aggredì dicendogli:
“Samuele, cosa sei venuto a fare? Volevi curiosare eh? Vattene via
alla velocità del suono!”
Il
ragazzo lo ignorò. Si diresse verso il divanetto di fianco al letto,
si sedette, lo fissò a lungo poi esordì: “Ciao”, dopo una pausa
che parve interminabile aggiunse: “sono venuto a vedere come
stai.”, quando finì di parlare, sembrò improvvisamente lontano e
assente, come se fosse entrato in un mondo tutto suo in cui il
silenzio lo avvolgeva.
Trascorsero
parecchi minuti durante i quali i due ragazzi rimasero zitti l’uno
accanto all’altro. Riccardo parve addolcirsi un poco, dopo aver
visto il ragazzino così preoccupato per lui.
Gli
disse: “Non potrei dire come mi sento, all’inizio ero sconvolto,
poi irritabile e nervoso, adesso mi sembra di stare meglio, ma nulla
sarà mai come prima”.
Samuele
inaspettatamente rispose: “Ti capisco, e anche piuttosto bene. So
cosa si prova a non essere come gli altri. Tutti mi evitano, mi
considerano inutile, ma non riescono a capire che non sono poi così
diverso da loro”.
Riccardo
si rese conto che stava parlando di lui, e gli disse: “Mi dispiace,
non ho mai provato a mettermi nei tuoi panni e quindi ho pensato che
fosse meglio prenderti in giro.”
Samuele
sorrise e distolse lo sguardo.
La
vicinanza di Samuele aiutò Riccardo ad entrare nella sua nuova vita,
gli diede la forza di affrontare gli sguardi curiosi della gente, di
porsi con leggerezza nei confronti delle situazioni più difficili,
di non darsi per vinto e di “annusare il pericolo” prima che una
situazione potesse diventare pericolosa, ma soprattutto gli insegnò
ad amare e rispettare le persone indipendentemente dal loro aspetto e
dalla loro capacità.
Dal
giorno della prima visita di Samuele a Riccardo tra i due ragazzi
nacque un’amicizia inaspettata e unica nel suo genere. Stavano
insieme per ore, facendosi compagnia senza bisogno di scambiare
inutili parole. Certo ben pochi tra i vecchi amici di Riccardo
capirono e accettarono questo suo cambiamento, preferirono piuttosto
evitarlo e talvolta deriderlo quando dimostrava di faticare a capire
il contenuto di un brano, ma tutto questo a Riccardo ormai importava
poco: il valore delle persone si vede anche in queste piccole grandi
cose.
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La classe IIA dell'Istituto Comprensivo G. Paccini |