IMMENSITÀ
ED ETERNITÀ SONO DUE TEMI FONDAMENTALI NELLA POETICA DI LEOPARDI E, DINANZI AD
ESSI, IL POETA PROVA UN SENSO DI SMARRIMENTO E DI ABBANDONO; LA SIEPE, CHE GLI
IMPEDISCE DI SCORGERE L'ULTIMO ORIZZONTE, DIVENTA UN PRETESTO PER VIAGGIARE CON
LA FANTASIA. RACCONTA COSA IMMAGINI TU PENSANDO ALL'INFINITO E ALL'ETERNO, CHE
COSA PROVI, QUALI DOMANDE SCATURISCONO DA QUESTA MEDITAZIONE, DOVE TI PORTA LA
TUA FANTASIA, QUALI SONO I LIMITI CHE TI IMPEDISCONO DI CONOSCERE, VIVERE,
AGIRE COME VORRESTI, SE E IN CHE MODO PROVI A SUPERARLI.
L'infinito
e me. Io e l'infinito. Due mondi che forse vanno a compenetrarsi, unirsi,
fondersi tra loro.
Io,
senza l'eternità, dopo la morte non sarei più senza di me, all'immensità mancherebbe
qualcosa.
A volte,
mi fermo a chiedermi se l'eternità e l'immensità esistano davvero.
Guardo
le stelle dalla finestra della mia stanza, le ammiro brillare spavalde in quel
tappeto di tenebra che è il cielo della notte.
Se
socchiudo gli occhi, mi sembra quasi di vederle danzare, seguendo un ritmo
libero, veloce e lento, incalzante e malinconico, libere da qualsiasi limite o
regola.
Inizio
a sentire qualcosa battere all'interno della mia testa e del mio petto, come
volesse uscire e cambiare ciò che sto ammirando, modificare l'ambiente in cui
mi trovo, trasformare me.
Non
ho idea del perché si sia soliti associare i concetti di immensità ed eternità
alle stelle; anche esse, ad un certo punto, smettano di brillare. Ma per ora
sono lì e le guardo mentre si dispongono in un certo ordine all'interno delle
enormi pagine ancora vuote del cielo notturno come per scrivere qualcosa,
imprimere luce sul buio comporre alcune frasi.
Ma...
a quale scopo? Mentre sono immersa nei miei pensieri, sento bussare alla porta
ed abbandono quell'immagine soprannaturale per tornare a quella terrestre,
quotidiana, di tutti i giorni, e guardo la distesa nera sopra di me: un cielo
notturno in una fredda notte di novembre che non mi dice assolutamente niente.
Riprendo la concentrazione.
Ci
riprovo. Le stelle captano i miei pensieri, tornano a descrivere grandi lettere
nel cielo, fino a spingermi a contarle formare una parola chiara, forte,
diretta, scritta a caratteri cubitali: “Contaci”. Non ho idea di cosa voglia
dire.
Per
poco il cor non si spaura, direbbe Leopardi, se si trovasse qui con me. Forse
sto impazzendo; sì deve essere così. In una situazione del genere, nessuno
sentirebbe le stelle parlare nel buio della notte.
Ma
quando mi accorgo che qualcosa si mette in moto dentro di me, che c’è un meccanismo
che non riesco a fermare e che mi domina, penso che esista qualcos’ altro oltre
quella realtà, la quale un po’ rappresenta per me ciò che la siepe era per
Leopardi: un limite, un ostacolo, restrizioni, divieti.
La
realtà obbliga tutti a vedere le stesse identiche cose, mentre ciò che sto
provando io è l’esatto contrario di questo: sto vedendo qualcosa che gli altri
non riescono a scorgere, qualcosa del mio “io” personale, di mio. Cos’è?
È forse essa la ragione per
cui le stelle cercano di comunicare con me, mi chiedono di contarle, danzano
fluttuando insieme ai miei pensieri in un freddo buio di novembre?
In
questa situazione corpo e mente si sentono così deboli, ma anche leggeri,
liberi di viaggiare, potenti, ma non immensi: secondo me, infatti, nessuno, da
solo, può essere infinito, sempre grande, sempre forte…è forse per questo che
le stelle non appaiono mai singolarmente nel cielo, ma in grandi scie tanto
luminose da sembrare infinite?
Io
non sono un astro, piuttosto una goccia che, cadendo nell’acqua, contribuisce a
formare un mare d’immensità.
Mi
chiedo se il termine “estraniamento” possa descrivere in modo esauriente il mio
stato d’animo.
Forse
sto per svenire, mi sento così assente nel corpo, ma così presente nella mente.
Mi
accorgo di essere perfettamente lucida, sveglia e attenta. Che mi succede?
Potrebbe essere la fantasia?
Non
è possibile.
La
fantasia è per i bambini piccoli, non è una cosa che si addice ad una ragazza
“grande”, di terza media.
Di
sicuro, se lo dicessi in giro verrei derisa da tutti.
Secondo
i miei coetanei, infatti, essere dotati di immaginazione significa sognare
paesi incantati ed unicorni, ma, in fondo, non è proprio come sognare stelle
che parlano?
In
effetti, a pensarci bene, si tratta sempre di fantasticare con la forza della
mente.
Potrei
anche immaginare una nave pirata che superi tutti i veicoli che scorrazzano
sull’autostrada, perché no?
D’
altronde, non credo ci sia nulla di sbagliato nell’immaginare.
All’interno
del mondo della fantasia non ci sono né limiti né regole, al contrario che in
quello della realtà, caratterizzato da vincoli e restrizioni che limitano la
possibilità della gente di “vivere un sogno”.
Nella
mia mente, posso fantasticare chili di dolciumi, una nuotata nel mare, essere
goccia nel mare.
Forse
la fantasia è l’unico mezzo per andare oltre i limiti della regola, del
possibile, della realtà.
L’immaginazione,
magari, racchiude in sé anche la realtà.
Decido
di seguire il consiglio delle stelle: provo a contarle, perdo il conto e
ricomincio daccapo.
Riprovo,
arrivo a milletré e riparto.
Forse
in tutto questo consiste l’infinito: provare a contare le stelle, non
riuscirci, ritentare, fallire, riprovare, per sempre, eternamente.
Ma
ecco che mi sveglio, le stelle non ci sono più, una forte luce entra dalla
finestra della stanza.
È giorno.
Dove
sono stata fino ad ora?
Devo
essermi addormentata.
Cos’
è che deve avermi fatto assopire ed immaginare di dialogare col cielo, con le
stelle, con me stesa?
Forse
solo una cosa è immensa, poiché racchiude in sé tutte le cose, eterna, perché
come una fiamma inestinguibile durerà per sempre.
Solo
una cosa è in grado di andare oltre i limiti, farmi capire il mondo, scoprire
me stessa: la forza dei sogni.
Scritto
da Chiara R., ricopiato a computer da Giulia M.
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