martedì 13 gennaio 2015

I RAGAZZI DI 1B RACCONTANO...


Durante alcune ore del martedì pomeriggio, i ragazzi di 1B hanno inventato alcuni racconti, di cui vi diamo un piccolo "assaggio".



LA CASA INFESTATA

Era l’agosto del 2012, quando la famiglia Richards al completo (mamma, papà e due figli), a bordo della loro sfavillante automobile, si trasferì nella casa dei nonni di Alexanderville, un piccolo ma grazioso paesino alle pendici delle Montagne Rocciose. I nonni, Mary e Bob, erano morti da poco a causa di un brutto incidente domestico: mentre stavano cenando, il forno a microonde della cucina aveva preso fuoco e un fuoco dirompente li aveva investiti uccidendoli sul colpo. Quando la famiglia Richards arrivò a destinazione, tutti rimasero sbalorditi nel vedere l’antica e gigantesca villa dei nonni. Una volta entrati nella casa, i ragazzi, curiosi, andarono a vedere la loro camera...rimasero sorpresi: la stanza era vecchia e rovinata, le finestre erano un po' rotte, l'intonaco si staccava dal muro e negli angoli del soffitto c'erano delle ragnatele che ospitavano molti ragni. La sera, quando andarono a dormire, i due fratelli sentirono degli strani rumori provenire dalla soffitta. Così si alzarono dai loro letti, andarono a dare un'occhiata, ma non notando nulla di strano, ritornarono a dormire. La notte seguente sentirono gli stessi rumori della notte precedente e ciò si verificò ancora per molti giorni. Allora i ragazzi lo riferirono ai genitori, i quali, per risolvere il mistero, si rivolsero a degli acchiappafantasmi. Quando questi arrivarono, andarono a controllare la soffitta, ma non sentirono nulla e, soprattutto, non c' era niente di spaventoso.
Quella stessa notte, tuttavia, i ragazzi percepirono ancora quei rumori e, facendosi coraggio, andarono a verificare. Arrivati in soffitta, videro un gatto nero: era stato proprio lui a provocare quegli strani rumori! I ragazzi, così, si tranquillizzarono e continuarono a vivere la loro vita serenamente nella loro nuova cittadina.

Giada B., Sara K., Roneshka T., Christian V.






LA MIA AVVENTURA ALLA KRAFT

BOOM! Oh, scusate, neanche il tempo di presentarmi e sono già in ritardo.
Ho un appuntamento con il capo della nuovissima azienda tedesca Kraft ed è il mio primo giorno di lavoro.
È arrivato il momento di salire in macchina per prendere l'autostrada  e dirigersi a Milano, nella zona industriale, dove avverrà il colloquio.
Ho appena parcheggiato la mia utilitaria gialla nell'enorme posteggio accanto alla grandissima e maestosa Kraft.
Entrato, chiedo informazioni per sapere dove si trova l'ufficio del personale. Adesso che so dove andare, sfreccio subito verso l'ascensore. Appena entrato, un ragazzo della sicurezza mi accompagna all'ufficio.
TOC-TOC! “Entri pure”, mi disse una bella tedesca, ”si accomodi”.
Colpa dell’agitazione…non riuscii a spiccicar parola.
Stivali borchiati, minigonna attillata e una maglietta scollata: questo fu lo scenario che mi si presentò davanti. Vestiti un po’ strambi per un dirigente!
Mi siedo su una poltrona molto confortevole...se fosse stato per me ci sarei rimasto per ore e ore.
La donna cominciò a parlare con un accento tedesco, che, inizialmente, mi confuse un pochino; alla fine, però, riuscii a comprendere il significato delle sue parole. Mi proponeva un viaggio a New York, la più grande metropoli al mondo!
Il viaggio sarebbe stato il 16 settembre, mancavano solo poche ore. Scesi percorrendo le scale perché non volevo prendere l'ascensore. Arrivai al parcheggio, dove feci fatica a ritrovare la mia macchinetta. Cercai e cercai, finché il posteggio fu vuoto e la vidi in lontananza.
Poi mi diressi verso casa e pensai a cosa avrei messo in valigia. Andai a letto presto, perché così avrei avuto più forze il giorno dopo.
Ad attendermi in aeroporto c'erano un jet privato e il capo della Kraft, la signora Schmidt. Finalmente potevo conoscere il motivo del mio viaggio: dovevamo fondare un'altra azienda Kraft in America e io, una volta all'anno, sarei dovuto andare a controllarla.
Volevo che lei venisse con me, ma mi disse che doveva amministrare l'azienda milanese. Mi disse di chiamarla ogni sera per aggiornarla sull'andamento della filiale americana. Partii. Il pilota mi accese la televisione: ero così assorbito dal programma che non sentii il segnale d'allarme e mi ritrovai con i vestiti inzuppati su un'isola.
Il telefono non funzionava, non c'era campo. Mi voltai e vidi il pilota morto ancora dentro l'abitacolo del jet. Lo sotterrai. Poi mi costruii una capanna con dei legnetti che il mare aveva portato a riva e, con enormi foglie di banana, feci il tetto.
Riprovai tutta sera a telefonare alla signora Schmidt. Il telefono pieno d'acqua non riusciva a prendere la linea. 
Così trascorse la prima notte. 
Il giorno dopo andai alla ricerca di qualcosa da mangiare. Trovai noci di cocco, manghi e aragoste. La sera iniziò a piovere e la pioggia continuò per tre giorni consecutivi; le provviste, però, mi bastarono. 
Gli anni passarono e dalla disperazione decisi di costruire una zattera e di affrontare il mare. Rischiavo la vita, ma decisi comunque di partire verso l'infinito!
Neanche il tempo di partire e sentii un suono.
Me lo ricordo ancora, era quello del mio Nokia Lumia 1520! Guardai lo schermo del telefono e vidi scritto “Schmidt”. Rispose una voce rabbiosa che mi disse:
- LICENZIATEN!!! Possibile che da quattro anni a oggi provo a chiamarti e tu non rispondi me?-
- Aspetta, fammi parlare.
- NEIN - BiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiP e mi riattaccò in faccia.
Dopo due ore di viaggio incontrai una nave che mi caricò a bordo e,
dopo due mesi, raggiunsi le coste dell'America.
Andai subito all'aeroporto e presi il primo aereo diretto a Milano.
Entrai nell'ufficio dalla signora Schmidt incavolato nero; dopo una discussione di parecchi minuti, mi ripresi e dalla gioia la baciai...lei mi ricambiò. Dopo molti anni ci sposammo e avemmo molti figli, uno di questi diventò il capo della Kraft milanese. 
Alex A., Riccardo F., Cristian L.C., Mattia P.


                                                                      

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